Benito
Gonzales è un pappa. Uno dei peggiori. Ed e' anche, a dispetto
del suo nome, un negro del Bronx. Ha 23 anni, ma la sua vita è
sempre stata al massimo. A 10 anni faceva il suo primo furto. A 12 anni
violentò la sua vicina di casa, di 17. A 14 commise il suo primo
omicidio. Finì in carcere, al riformatorio, e ne uscì
a 18 anni, e si fece una promessa: mai più sarebbe finito nelle
mani della polizia. Avrebbe ucciso, ricattato, massacrato chiunque gli
si parasse davanti, ma sarebbe stato libero per sempre, a costo di morire.
Da circa 2 anni ha abbandonato i furti, per darsi allo sfruttamento
della prostituzione. Messicane, cubane, negre, belle, dolci e ingenue
WASP, tutte passavano sotto di lui prima di finire sul marcapiede. E
lì lui rendeva loro la vita più dura, costringendole a
pagare dazio in natura con lui e i suoi amici a quelle che non portavano
il patuito a casa la sera. Ora vuole espandersi, vuole fare affari più
grossi, vuole entrare nel giro degli spacciatori di droga. Droga di
qualsiasi tipo e di qualsiasi qualità. Non arriverà mai
a raggiungere il suo progetto, perchè Benito Gonzales sta per
morire.
Benito
si alzò dal letto, lasciando la messicana piangete su di esso.
La fissò e le sputò addosso.
- Sei solo una povera troia, e nemmeno tanto brava! - disse con disprezzo,
prima di uscire dalla stanza.
Ad aspettarlo c'erano i due suoi amici e guardie del corpo, Jet Son,
un cinese esperto di arti marziali, le cui mani erano letali come fucili
di precisione, e Dumbo, un altro negro, alto due metri, chiamato così
per le sue orecchie spropositate.
- Ti sei divertito? - chiese il cinese sorridendo.
- Non molto, non è brava, ora capisco perchè non porta
tanti soldi a casa!
Dumbo gli mise una mano sulla spalla.
- Posso divertirmi io con lei?
Benito sorrise, e annuì con gli occhi. Dumbo rispose al sorriso
e si diresse verso la stanza.
- Non me la uccidere, - si raccomandò Benito - e non me la sfregiare,
almeno per un altro mese deve lavorare, poi si vedrà!
Dumbo chiuse la porta e subito dopo si sentirono le urla della ragazza,
attutite dagli schiaffi di Dumbo stesso.
- E tu non vuoi divertirti? - chiese Benito a Jet Son.
- No, preferisco le donne cinesi, sono più di classe.
- Mi dispiace, ma come sai non ne ho nel mio parco "macchine"!
- rispose Benito, con un sorriso.
- Appunto! - rispose Jet Son.
In quel momento la finestra si frantumò e una figura piombò
all'interno della stanza. Era vestita di nero, se si esclude un grosso
teschio bianco sul petto.
La sua figura era atletica e longilinea.
- IL PUNITORE! - urlò Benito.
Jet Son si scagliò contro di lui, cercando di colpirlo con un
calcio volante, ma lui sollevò un braccio e parò il colpo,
facendolo cadere; poi gli appoggiò il piede sul collo, e con
un movimento secco glielo spezzò. Benito afferrò la pistola
dal tavolo, puntandola verso il Punitore. Questi si
girò verso di lui, fissandolo con i suoi occhi azzurri, mentre
i capelli biondi sventolavano davanti ad essi.
- Tu non sei il vero Punitore! - disse Benito, mentre la sua voce tremolava.
L'uomo continuò a fissarlo in silenzio per qualche secondo, poi
parlò.
- Io sono Frank Castle! - e prima che Benito potesse reagire, un grsso
buco si aprì sulla sua fronte.
In quel momento la porta della camera da letto si aprì, e sulla
soglia apparve Dumbo intento ad allacciarsi i pantaloni.
- Ma che succ... - disse, prima che la voce gli morisse in gola, e poco
dopo un colpo gli aveva attraversato la bocca.
- Torna a volare, Dumbo! - disse il Punitore, mentre si allontanava
incurante delle grida della ragazza nella camera da letto.
Gale
Yonas è un poliziotto. Ufficialmente è un semplice sergente
della mobile, ufficiosamente è un capitano degli Affari Interni,
in realtà è un uomo corrotto fino alle ossa. La sua predilizione
è d'impedire che i boss di Little Italy finiscano nelle mani
dei suoi colleghi. Li copre in ogni modo, fa sparire le prove del loro
crimini, uccide scomodi testimoni. Nessuno ha mai sospettato nulla della
sua attività criminale, e domani lo promuoveranno. Ma per Gale
non ci sarà un domani.
Gale
chiuse la porta del suo appartamento, e in quel momento il telefono
squillò. Appoggiò la giacca sul divano e afferrò
la cornetta del cordless sul tavolo della cucina.
- Pronto?
- Gale?
- Si, sono io, ciao Elisa, come va?
- Ho saputo di domani, sono felice per te.
- Grazie cara, che ne pensi di andare a cena insieme domani sera per
festeggiare?
- Certo, se non hai altri programmi.
- Ok, domani sera alle 8 passo a prenderti.
- Ok, ciao Gale.
Chiuse la cornetta e sorrise soddisfatto: la promozione assumeva nuovi
significati. Aprì il frigorifero e prese una birra in lattina
dal suo interno, l'aprì e ne bevvè un pò, prima
di raggiungere il divano. I suoi pensieri vagavano tra la promozione,
i soldi dei boss, Elisa e un miriade di altre cose più futili.
E mentre pensava a queste cose passò davanti ad uno specchio,
e il riflesso lo fece distrarre dalle sue fantasie, e si rese conto
che non era solo in casa. Si girò di scatto verso la parte della
casa riflessa nello specchio, cercando di afferrare la pistola dalla
fondina, ma un colpo di pistola lo colpì in pieno alla spalla,
facendo cadere la sua arma e facendolo indietreggiare. Dalla penombra
un figura alta quasi due metri, con teschio bianco stampato sulla maglia
in kevlar e un volto di uomo di colore sfregiato, apparve davanti a
lui.
Gale lo fissò incredulo.
- Tu non sei...
- Io sono Frank Castle! - sibilò il gigantesco negro, prima di
scaricargli nel petto una salva di colpi. Gale indetreggio fino a finire
contro la finestra, rompendola e andando a morire sul marcapiede sottostante.
Il Punitore si affacciò per verificare lo stato della sua opera,
prima di allontanarsi indisturbato.
Mattina
dopo, un'edicola nella Stazione Centrale di New York.
- Buongiorno signor Castillo, - salutò sorridendo l'edicolante
- eccole una copia del New York Times!
L'uomo pagò e si allontano silenziosamente, non senza aver fatto
un cenno di saluto. Si fermò dopo pochi metri, con lo sguardo
fisso sulla prima pagina, che titolava "Il Punitore ha degli emulatori?".
Sfogliò le pagine con una certa voracità, venendo così
a conoscenza degli eventi accaduti il giorno
precedente. Strinse con rabbia il giornale, mentre il suo volto da bonario
messicano diventò paonazzo.
- Qui c'è solo un Frank Castle, e quello sono io! - sibilò
a denti stretti.
Altrove,
in un laboratorio poco fuori New York.
Il professor Carmody entrò nella sala operatoria, salutando i
presenti. Poi si avvicinò al suo braccio destro, il professor
Cumminghan.
- Chi è il paziente?
- Un drogato, malato di AIDS allo stadio terminale, 3 settimane di vita.
Anni 22, altezza 1 e 75, peso 55 chili.
Carmody rimase in silenzio, come indeciso, poi improvvisamente si mosse.
- Ok, si può fare, possiamo rischiare. Abbiamo un finanziatore?
- Si, Kenny McRonald.
- Benissimo, prepariamoci a fargli vedere il nostro prodotto! - disse,
mentre infilava i guanti in lattice.
Note
dell'autore: dopo 3 numeri della gestione Ermanno e il crossover
di Carlo Monni con Devil e Marvel Knights tocca a me prendere
in mano le redini del Puni, e lo faccio ripartendo da zero, con una
saga totalmente nuova dagli sviluppi che, spero, vi sorprenderanno.
Questo non significa che le idee e le sottotrame lasciate da Ermanno
verranno abbandonate, ma che verranno recuperate in seguito (Busiek
per riprendere le idee di Harras ci ha messo 40 numeri, qualcuno me
lo concedete anche a me? :P) Spero che questo nuovo, esplosivo, inizio
vi sia piaciuto e vi aspetto al prossimo episodio, dove qualche cosa
comincerà ad essere più chiara.
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